L’assicurazione è donna. La figura femminile come allegoria dell’attività assicurativa.

21 Febbraio 2020

Approfondimenti Archivio Storico Generali

Fiera e altera in vesti marziali, giunonica e materna, regale, irreprensibile dispensiera di doni o affabile amante, la donna nell’arte è sempre stata la principale interprete del sentire e dell’essere umano, ricoprendo diversi ruoli con diversi significati simbolici. Il modo di rappresentarla è cambiato nel tempo ma non la qualificazione semantica di alcuni dettagli iconografici.

Dettagli entrati nella simbologia artistica e poi nell’immaginario collettivo, grazie al lavoro di codifica dello scrittore Cesare Ripa. Nella sua celebre Iconologia (1593), che costituirà per secoli la summa della rappresentazione allegorica nell’arte, le figure femminili abbondano chiamate a designare continenti e province geografiche così come virtù, vizi, idee e ideali, …

Il patrimonio culturale di Generali, come la documentazione conservata presso l’Archivio Storico e le opere d’arte esposte nella sede direzionale di palazzo Geiringer a Trieste, offre lo spunto per un’indagine in tal senso.

Nel ripercorrere l’itinerario iconografico di come la compagnia ha costruito l’allegoria dell’assicurazione attraverso la comunicazione figurata, si troveranno delle rispondenze, ma soprattutto uno stile di riflettere un’epoca.

Anonimo, manifesto pubblicitario de L’Anonima Grandine (1900), ph. Massimo Goina

Alle prime polizze ottocentesche con l’immagine delle Parche, simbolo del ramo vita, fa eco la figura femminile scudata reggente un’ancora, che con fare materno protegge un fanciullo, metafora dell’assicurazione incendi e trasporti. Iconografie ricorrenti su polizze, tariffari e facciate di palazzi, come le Parche a coronamento della sede dell’agenzia generale di Praga, dove lavorò Franz Kafka, o su oggetti d’arte come la figura femminile scudata soggetto dell’alzata in argento di Masino Levi: opera che tutt’ora fa bella mostra di sé in palazzo Geiringer. Qui il concetto di assicurazione è interpretato da Ivan Rendić come una figura eroica di donna in veste marziale che protegge una spaurita fanciulla. Quasi un memento mori in chiave previdenziale al quale si contrappone una visione del dovere-bisogno di assicurarsi, più persuasiva e meno di precetto, personificata da una matrona severa e maestosa, ma allo stesso tempo bella e affabile che fa pensare a una moderna Cerere in versione liberty. Questa immagine viene scelta per rappresentare L’Anonima Gradine, società del Gruppo, e utilizzata in manifesti e altro materiale promozionale di fine Ottocento-primi Novecento, come lo splendido cofano in argento con porta pergamena realizzato su disegno di Angelo Cattaneo, dono dell’Anonima a Generali in occasione del 75° anno di fondazione.

A questa distensiva e serena interpretazione della Previdenza sembra ispirarsi l’architetto Luca Beltrami nell’ideare il soggetto per il mosaico della lunetta della facciata del palazzo da lui progettato in piazza Cordusio a Milano, sede delle Anonime Grandine e Infortuni. Quest’ultima compagnia del Gruppo si ispirò invece per il proprio simbolo a un’immagine più battagliera di donna armata, che ricorda la personificazione allegorica dell’Italia di Cesare Ripa, alla quale viene associato lo scudo crociato stemma della città meneghina.

Di ispirazione bucolica l’Allegoria dell’assicurazione proposta da Giovanni Mayer (inizi XX sec.), raffigurante in primo piano due figure femminili, una che semina e l’altra che miete; sullo sfondo le sagome di un veliero e di palazzo Geiringer.

Laura Cretara, 175 anni, bronzo patinato (2006), Collezione d’arte Gruppo Generali, ph. Massimo Goina

Intrisa di austera romanità, invece, l’immagine scelta da Gigi Supino per la medaglia realizzata in occasione del 100° anniversario di fondazione: la figura centrale, con ai piedi il leone di San Marco, rappresenta Generali che raccoglie i premi dalla figura di sinistra e paga i capitali delle polizze a quella di destra. In basso l’alabarda simbolo di Trieste.

Romanità che pervade anche gli affreschi commissionati dalla compagnia al pittore Carlo Sbisà per la galleria di palazzo Piacentini a Trieste, tra i quali l’allegoria dell’Assicurazione (1937): due donne sedute su uno scranno, una con la veste rossa e la conocchia in mano, e una con la veste verde reggente un’anfora.

Un abbraccio, un gesto d’amore e di protezione simboleggia l’assicurazione nelle medaglie commemorative di Emilio Greco (1981) e di Laura Cretara (2006): un ritorno alla primigenia idea dell’assicurazione come Magna Mater, tenera e affettuosa, che protegge tra le sue braccia il seme della vita.